Caronte

Il personaggio di Caronte compare all’interno della Divina Commedia nel III canto, ai vv. 82-129. Dante ci presenta il personaggio con delle particolarità del tutto negative: egli viene definito come una terribile e crudele apparizione demoniaca, intrisa di gesti disumani e guidato esclusivamente dalla violenza e dalla malvagità. Il suo ruolo nell’opera è quello di traghettare le anime dei dannati dell’Antinferno, attraversando il fiume Acheronte, fino all’Inferno vero e proprio.

Dante descrive Caronte come un uomo molto anziano, con una lunga e selvatica barba bianca e occhi contornati dal fuoco, che simbolicamente indicano ira e inquietudine: questa immagine è similare alla rappresentazione cristiana dei diavoli. Il suo stesso nome è ricollegabile a questa caratteristica: Χάρων, Charon, è infatti legato etimologicamente all’aggettivo χαροπόςcharopos, ossia «dagli occhi folgoranti». Tale epiteto verrà poi attribuito anche a Minosse, personaggio all’entrata del secondo cerchio: all’interno dell’opera, infatti, troviamo la presenza di sette diavoli, che vengono posti dall’autore all’inizio dei vari cerchi che si susseguono nella struttura sotterranea dell’Inferno. Caronte è il primo di essi. Dante modifica l’aspetto degli dèi e dei personaggi storici che nel mondo pagano venivano collocati nell’Ade, un luogo sotterraneo in cui le anime si recavano in modo causale: il poeta fiorentino trasforma tutti questi personaggi in demoni. A differenza degli altri, però, Caronte conserva un aspetto similare all’essere umano, con una sensazione di autorità e impotenza che persiste nel tempo e che viene amplificata dal ruolo conferitogli.

Durante la narrazione, ci viene esplicitato come egli possegga un sentimenti di rimorso e rabbia nei confronti di Dio, il quale lo ha costretto a questo sfavorevole destino ed egli riversa la sua rabbia sui dannati: anche quando avviene l’incontro con il poeta, gli intima violentemente di tornare indietro e gli preannuncia in parte il suo futuro di salvezza e di elevazione al cielo.

Caronte nella mitologia classica, è descritto come figlio dell’Erebo e della Notte: il suo ruolo è similare a quanto affermato nella Commedia, perché anche nella letteratura antica era un traghettatore di anime sul fiume Acheronte. Il suo affermarsi all’interno della mitologia è cronologicamente posteriore alle opere e alle storie  di Omero, ma si sviluppa successivamente, per lo più, oltre che nella letteratura, nell’arte e, specialmente, nella raffigurazione delle arti vascolare, in cui viene rappresentato con una barba bianca e lunga con un mantello sulle spalle.

La figura di Caronte è presente nel IV libro dell’Eneide, dove si ha una prima descrizione, ampia e dettagliata di Caronte: «[…] ed erutta tutta la sua melma nel Cocito. Queste acque e i fiumi custodisce Caronte , orrendo nocchiero nella sua terribile asprezza, che porta sul mento una folta e incolta barba bianca, stanno fissi gli occhi fiammeggianti e un sordido mantello gli pende dalle spalle legato con un nodo. Egli stesso spinge la barca con un palo, la governa colle vele e traghetta sulla navicella di cupo colore, ormai vecchio, ma per il dio quella vecchiaia è ancor fresca e verde» (vv. 295-316). In sostanza, Caronte viene descritto come «nocchiero infernale» e il suo aspetto è molto più realistico rispetto alla Commedia, poiché viene tratteggiato in modo molto simile al reale, con caratteristiche molto umanizzate. La principale differenza tra le due raffigurazioni consiste nel fatto che Dante non offre una descrizione vera e propria del personaggio, ma connette l’aspetto del personaggio con la sua psicologia e lega il suo agire direttamente a Dio e al destino che gli viene imposto.

Nonostante questa sostanziale differenza, è pur vero che Dante deriva molti dei personaggi che inserisce nella Commedia da figure già presentate nelle opere di Virgilio. Da questa peculiarità possiamo notare come Dante sia molto legato e attinga molte volte alle opere virgiliane. Il più lampante esempio di questa affinità è visibile già all’inizio della stessa Commedia, perché Virgilio è la figura centrale e di riferimento per Dante: basti pensare che viene posto come guida fisica e spirituale dell’Inferno e del Purgatorio, una figura a cui rivolgersi sia per il poeta durante il corso dell’opera, che per i lettori che leggono la Commedia.

(G. B., E. M., V. T. e O. Z.)

Bibliografia

AA.VV., Dizionario dei personaggi letterari, Torino 2003.
E. Auerbach, Studi su Dante, Milano 1963.
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